Storia


Chiesa di Santa Maria delle Grazie

Della chiesa di S. Maria delle Grazie, non si conosce la data di costruzione né il progettista.E’ sicuro che esisteva già nel 1343, perché risulta, a tale data, nel registro di tutte le chiese della Sabina. Da ciò si può affermare che è la più antica chiesa di Monterotondo. Qualcuno ha ipotizzato che fosse un oratorio paleocristiano dedicato a sant’Irene.

Dopo il 1449, per interessamento di Papa Niccolò V, accanto alla chiesa fu costruito un convento affidato ai Padri minori conventuali.

La chiesa era la cappella sepolcrale degli Orsini, feudatari di Monterotondo. Quello che è rimasto è la tomba di Giordano Orsini, eretta dal cardinale Battista Orsini in onore del fratello morto nel1484.

Tra il 1628 e il 1630, vengono restaurate due cappelle, quella dedicata alla Vergine (la IIa sinistra), e quella dedicata a S. Antonio da Padova (la III a sinistra). Nel 1715, viene restaurata e decorata la cappella dedicata ai santi Filippo e Giacomo (la IV a sinistra); attualmente è la cappella del Santissimo. Da notare che i due santi Filippo e Giacomo erano stati nominati patroni di Monterotondo, proprio nella chiesa di S. Maria delle Grazie, con una cerimonia solenne nel 1619. Queste sono le uniche tre cappelle che conservano ancora le opere originali. Le altre cappelle erano dedicate asan Giuseppe ( la Ia sinistra ); a san Giuseppe da Copertino (la I a destra); a san Giovanni Battista (la II a destra); a san Francesco d’Assisi ( la III a destra ).

Nel presbiterio vi sono due statue in legno che rappresentano san Francesco e santa Chiara. Sotto l’altare maggiore vi è un’urna di marmo contenente le reliquie di tre santi: S.Abbondio, S.Clemente e S.Gregorio.A causa del terremoto del 1915, la chiesa ed il convento subirono notevoli danni, per cui fu abbandonata. Tra il 1929 e il 1933, la chiesa fu restaurata, mentre il convento fu demolito; al suo posto venne costruito l’edificio dell’O.N.M.I.; successivamente, in un appezzamento di terreno attiguo, è stata costruita l’attuale casa di riposo.

Fino al 1948 al centro del cortile della chiesa, c’era ancora il vecchio pozzo del convento, demolito per far posto ad un campo di pallavolo.

Una curiosità; durante la seconda guerra mondiale, quando Monterotondo fu occupata dalle truppe tedesche, la chiesa fu adibita a stalla per i cavalli.

Dal 1933 ad oggi, alla guida della parrocchia si sono succeduti cinque parroci: don Romolo Camponeschi, can. Giuseppe di Prima, don Giuseppe Boccetti, don Antonio De Dominicis e attualmente don Paolo Spano.

Nell’area della parrocchia sorge anche la chiesa di S. Rocco, dichiarata santuario.

Costruita nel 1560 su una preesistente antica cappella,venne affidata alla Compagnia della Morte o Compagnia del Sacco Nero, la quale provvedeva alla sepoltura delle persone, senza parenti, che morivano in campagna oppure di morte violenta.

La chiesa aveva quattro cappelle laterali: le due di sinistra sono state demolite verso il 1850 per poter allargare l’attuale via A. Gramsci. Le altre due sono state demolite durante i lavori eseguiti tra il 1960 e il 1968. Durante questi lavori sono state effettuate modifiche nel presbiterio. Sull’altare maggiore vi era affrescata la immagine di S. Rocco, la quale all’epoca dei lavori non era più riconoscibile, al suo posto è stato inserito un mosaico ed il quadro della Madonna del Diluvio delle Grazie. Detto quadro, prima dei lavori di restauro, era inserito in una finestra in alto, proprio sotto la corona.

Geograficamente la parrocchia è compresa:

  • Lato destro di tutta via A. Gramsci , e tutta via Garigliano.
  • Lato sinistro di via XX Settembre fino a piazza Indipendenza.
  • Via Marsala, lato sinistro di via Dello Stadio fino a via Volga.
  • Tutta via S. Martino fino alla via Salaria.

  • Chiesa di San Rocco

    Chiesa di San Rocco o Santuario Madonna del Diluvio delle Grazie.

    Di fronte alla Porta Romana (o porta Garibaldi) di Monterotondo, in posizione angolare e facente parte del centro storico, troviamo la piccola chiesa dedicata a San Rocco o Santuario Maria Diluvio delle Grazie. La costruzione dell’intero bene, cosi come si presenta oggi con la Chiesa e l’attiguo Oratorio, ebbe inizio nel 1560, sulla preesistenza di un’antica cappella, o edicola votiva dedicata a San Rocco. Successivamente nel 1627 la cura del complesso viene assegnata dalla Comunità alla Compagnia della Morte, detta anche Confraternita dell’Oratorio e Morte o Compagnia del Sacco Nero. Subì un’importante restauro alla fine degli anni sessanta, l’ultimo, riguardante la facciata, nel 2017. Addossato al lato destro, ad un livello leggermente più basso, si trova l’edificio dell’Oratorio, adibito nel tempo a varie attività. È stata anche casa di riposo per donne indigenti e sole, ed oggi i locali sono sede della Caritas parrocchiale.

    La facciata presenta un profilo a capanna e con unico ingresso, ai lati presenta due paraste in laterizio mentre il resto del prospetto risulta intonacato e pitturato. La pianta ha un impianto ad aula longitudinale con abside rettangolare separato dalla piccola navata da un arco trionfale sostenuto da due colonne circolari. Le pareti dell’aula sono semplici prospetti intonacati, si notano anche quattro nicchie arcate che fonti riferiscono essere l’ingresso di quattro cappelle laterali demolite a metà del 1800 e nel 1967.

    L’interno è rivestito in pietra per un’altezza di 3 metri circa, mentre la restante area è semplicemente intonacata; il soffitto della navata è coperto da un contro-soffitto in legno e il presbiterio è coperto da una volta a vela lunettata.

    Al centro del presbiterio, sopra l’altare maggiore, originariamente dedicato a S. Rocco, inserito in un altare composto da una coppia di colonne a fascio e un timpano spezzato troviamo, all'interno di un mosaico dorato, l’antica immagine quattrocentesca della Madonna Diluvio delle Grazie, dipinto del XV secolo raffigurante la Madonna con il Bambino, che godeva di una speciale venerazione contro pestilenze, terremoti e invasioni di milizie straniere. Collocata fuori dalla mura del paese, a breve distanza dalla porta principale, l’immagine era considerata posta a custodia e a baluardo di Monterotondo contro calamità naturali e minacce e significativamente chiamata “Maria Santissima del Diluvio delle Grazie”, per il grande numero di benedizioni e miracoli a lei attribuiti.

    La tradizione popolare riporta la narrazione di un miracoloso episodio avvenuto nel 1656, durante una famosa epidemia di peste, che a Roma provocò più di 22.000 morti, mentre nella diocesi furono più di 160.000. Solo Monterotondo, fra tutti i paesi vicini, scampò al flagello che infierì particolarmente nella vicinissima Mentana. Si racconta che padre Giuseppe Gessi da Borghetto, religioso dei Frati Minori Conventuali nel convento della Santissima Concezione in Monterotondo, ebbe una visione soprannaturale nella quale vide un'ombra a cavallo che di gran carriera veniva verso la città dalla parte di Mentana con un flagello in mano per percuotere, mentre la Beata Vergine con il suo Divin Figliuolo ed assistita da San Rocco le proibiva l'ingresso al paese, facendola tornare sui suoi passi. Gli abitanti del Borgo furono così salvi per intercessione della Madonna.

    Nell’ultima guerra mondiale, Monterotondo fu sede dello Stato Maggiore dell’esercito e dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, per rappresaglia dei Tedeschi doveva essere rasa al suolo. Furono lanciate sei bombe, alcune dirompenti altre incendiarie ma la nostra celeste Patrona, Maria Santissima con il suo amore materno salva: le bombe caddero tutte in campagna nella zona di Grotta Marozia dove alcune restarono addirittura inesplose.

    Questa immagine prodigiosa venne incoronata, in virtù dei numerosi miracoli avvenuti, dal Capitolo Vaticano il 29 aprile 1765, dopo regolare processo, per controllare i miracoli che si attribuivano alla Madre di Dio invocata in quell’immagine.


    Chiesa di San Martino di Tours

    La Chiesa, con il complesso per le attività parrocchiali e le abitazioni per i sacerdoti, la cui costruzione iniziò intorno al 2008, e dopo una lunga pausa, fu ultimata e consacrata il 24 febbraio 2019 dal Vescovo diocesano Ernesto Mandara e dal Vescovo di Viterbo Lino Fumagalli.

    È dedicata a San Martino di Tours (Francia). Sorge nella periferia nord di Monterotondo, lungo la strada che collega la via Nomentana alla Via Salaria.
    Di forma ellittica, la facciata della chiesa presenta un profilo arcuato sulla cui sommità è presente un campanile a vela in ferro; al centro troviamo l’ingresso in asse con il presbiterio.
    All’interno oltre alla sacrestia è presente anche una cappella feriale. L’interno è intonacato e pitturato e mostra la tessitura lignea del tetto; al centro del presbiterio troviamo la mensa a blocco, a sinistra la sede in pietra a destra un ambone curvo. Nel pomeriggio del giorno precedente, il 23 febbraio 2019, è stato inaugurato il Centro Pastorale con la benedizione dei locali per le riunioni e la catechesi pastorale, il salone e la casa parrocchiale.

    Breve storia di San Martino di Tours

    Martino nacque in un avamposto dell'impero romano alle frontiere con la Pannonia (nell’odierna Ungheria). Il padre, tribuno militare della legione, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Ancora bambino si trasferì con i genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere in quanto ormai veterano, e in quella città trascorse l'infanzia. A dieci anni fuggì di casa per due giorni che trascorse in una chiesa.

    Per un editto imperiale che obbligava i figli dei veterani a servire nell’esercito romano, Martino fu costretto ad arruolarsi nella guardia imperiale. Nel ruolo di circitor, si occupava di ronda e sorveglianza notturna delle guarnigioni.

    È conosciuto per il suo gesto di tagliare a metà il suo mantello e donarlo ad un povero mendicante con indosso dei laceri panni in una freddissima giornata d’inverno. Quelle stessa notte Martino sognò Gesù rivestito della metà del mantello che aveva donato al mendicante e lo sentì dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che decise di farsi battezzare a Pasqua dell’anno successivo all’episodio del mantello, diventando cristiano.

    Al suo rientro a Poitiers, divenne monaco e presto venne seguito da nuovi compagni, fondando uno dei primi monasteri d'occidente. Condusse 4 anni di vita da eremita, dopo un impegno nella lotta contro l’eresia ariana, che gli costò la cacciata da diverse regioni. Nel 375 fondò un monastero a Tours, a poca distanza dalle mura, che divenne sua dimora per qualche tempo. Nelle comunità monastiche fondate da Martino la vita era incentrata su condivisione, preghiera ed evangelizzazione. Martino fu artefice della conversione al Cristianesimo dei suoi genitori, che battezzò lui stesso. Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro vescovo: Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di monaco e veniva visto da tutti come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà.

    Morì l’8 novembre. Il corteo funebre verso Poitiers si tenne con una fiaccolata lungo i fiumi Vienne e Loire. Fu sepolto 3 giorni dopo per dare il tempo ai suoi monaci di radunarsi.

    Secondo la leggenda, ogni anno, intorno all’11 novembre, si verifica una breve interruzione di tre giorni della morsa del freddo, per commemorare il gesto di Martino.

    Una curiosità: nella antica Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello (Ve), San Martino è raffigurato nel mosaico dei 4 grandi Dottori della Chiesa con Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno al posto di Girolamo. Nelle Fiandre e nelle aree cattoliche di Germania e Austria e in Alto Adige l’11 novembre i bambini sfilano in processione con le lanterne, come per la fiaccolata in barca che accompagnò il corpo del santo.

    San Martino è tra i pochi santi non martiri venerati dalle tre principali Chiese cristiane: Cattolica, Copta e Ortodossa. In Italia, San Martino è patrono dell'arma di fanteria dell'esercito e di numerosi comuni e frazioni italiane. San Martino è anche uno dei tre patroni della Guardia Svizzera (oltre a San Sebastiano e San Nicola di Flüe).

    Dal 2009, su iniziativa di Ungheria e Slovenia, con il patrocinio della UE, i pellegrini possono percorrere la Via Sancti Martini, che unisce, i luoghi di nascita e di morte del santo e varie località in Italia e Germania.

    Contattaci

    ""
    1
    Nomeyour full name
    Cognomeyour full name
    Messaggiomore details
    0 /
    Previous
    Next